giovedì 13 dicembre 2012

Il discorso integrale dell'inviato speciale Christopher Ross al Consiglio di Sicurezza dell'ONU

Nuovo documento: Il discorso integrale dell'inviato speciale Christopher Ross al Consiglio di Sicurezza dell'ONU al ritorno dal viaggio in Sahara Occidentale, Marocco e Algeria
(New document: The full speech of special envoy Christopher Ross at UN Security Council, coming back from Western Sahara, Morocco and Algeria) 28 novembre 2012 Signor Presidente, Onorevoli Membri del Consiglio, è per m e uno straordinario onore e piacere unirmi a voi per informarvi sugli svilluppi in merito alla ricerca di una soluzione politica mutuamente accettabile che prevede l’autodeterminazione per la popolazione del Sahara Occidentale, come scritto nell’ultima risoluzione del Consiglio, datata 24 aprile 2012. Dopo un periodo di riflessione, ho intrapreso un viaggio a lungo rimandato nel Nord Africa, dal 25 ottobre all’11 novembre, e tenuto consultazioni a Madrid e Parigi dal 12 al 15 novembre sulla strada del ritorno. I miei obiettivi nella regione erano tre: per prima cosa, tracciare una valutazione degli scorsi cinque anni di sforzi di negoziati e identificare le ragioni dello stallo; in secondo luogo, guardare al futuro e alle possibili modificazioni del processo in modo da migliorare le prospettive di progresso; e, in ultimo, stimare l’impatto degli eventi del Sahel sul dossier del Sahara Occidentale. Oltre tali obiettivi, ho introdotto alcune novità: in primis, ho incontrato leader politici e rappresentati della società civile, oltre a funzionari; inoltre mi sono anche recato per la prima volta in Sahara Occidentale. I governi di Marocco, Algeria, Mauritania e Francia, così come il Fronte Polisario e la MINURSO, hanno espresso la propria piena volontà a cooperare, e li ringrazio. Un ringraziamento sentito è debito al governo spagnolo, che ha gentilmente messo a disposizione un aereo per rendere più agevoli i miei spostamenti. Non traccerò una sintesi dettagliata di ogni passaggio. Piuttosto, presenterò un quadro generale delle mie scoperte e impressioni. Per iniziare, in ogni luogo le più alte autorità hanno reiterato il loro impegno a lavorare in cooperazione con l’ONU per ricercare una soluzione politica per lo status finale del Sahara Occidentale, mantenendo al tempo stesso l’attaccamento alle proprie proposte. In Marocco, il re Mohammed VI ha riaffermato la volontà del proprio paese di continuare a collaborare con me all’interno della proposta di autonomia sotto sovranità marocchina. A Tindouf, il segretario generale del Fronte Polisario Abdelaziz ha sottolineato la disponibilità del Polisario a intensificare il suo impegno con l’aspettativa che la soluzione comprenda un vero referendum sull’autodeterminazione. In Algeria, il Presidente Bouteflika ha riaffermato che, sebbene l’Algeria non sia e mai sarà parte del conflitto, nutre la volontà di accompagnare le parti nella loro ricerca di una soluzione. Detto questo, ha aggiunto che ogni intesa che non preveda un vero referendum non può essere definita tale. In Mauritania, il Primo Ministro Laghdaf ha dichiarato nuovamente la volontà del proprio paese di essere d’aiuto sulla base della “neutralità positiva”. Secondo punto. Guardando alle ragioni dello stallo permanente, mi è appasto chiaramente che, dal momento che la frustrazione delle parti è cresciuta, ognuno ha attribuito il fallimento dei progressi non soltanto al rifiuto dell’altra parte a negoziare sulla base della propria proposta, bensì piuttosto all’assenza di azioni risolute da parte della comunità internazionale, del Consiglio, del Segretario Generale e del suo Inviato Personale. Le parti non accettano che la responsabilità principale dei progressi risiede nelle parti stesse, nonostante altri possano offrire incoraggiamento e idee. Ho fatto ripetutamente leva su questo punto nei miei contatti con partiti politici e rappresentanti della società civile, così come con i funzionari, evidenziando che, dal momento che l’ONU gestisce il conflitto ai sensi del Capitolo VI dello Statuto e in assenza di consenso internazionale, nessuno può imporre niente alle parti ed è loro compito primario trovare una strada futura all’interno della cornice offerta dalla mediazione dell’ONU. Ciò nonostante, più e più volte, ad ogni tappa, mi sono sentito dire che l’ONU dovrebbe intraprendere questa o quella azione, sempre nell’ottica di portare una parte ad accettare la proposta dell’altra. Il mio ruolo di mediatore mi impedisce di farmi portavoce di una proposta specifica. Io sono portavoce del processo di negoziato. Terzo punto. Guardando a come procedere meglio in prospettiva di futuro, i funzionari anziani hanno sostenuto il mio giudizio sulla futilità di ulteriori incontri tra le parti prima che avvenga un vero cambiamento della situazione. Dopo quattro sessioni di negoziati ufficiali e nove sessioni di incontri informali, portare avanti anche solo un incontro metterebbe in risalto la situazione di stallo, indebolendo ulteriormente la credibilità del processo. In preparazione di incontri futuri, siano essi formali o informali, ho proposto un nuovo giro di consultazioni con gli attori internazionali chiave, seguito da un periodo di diplomazia privata con le parti e i paesi vicini. I miei interlocutori hanno appoggiato tale approccio, ma alcuni hanno suggerito che incontri periodici sono di importanza fondamentale per mantenere i contatti, minimizzare le variabili negative e dare chiara dimostrazione che il processo continua. Quarto punto. Nell’esaminare l’impatto della crescente tensione nel Sahel e i pericoli che questa comporta per le parti, la mia considerazione è che, nonostante tutti siano concordi che tali fattori spingono verso una risoluzione rapida del conflitto nel Sahara Occidentale, nessuno sembra pronto a compiere il primo passo. Al contrario, trovo che la reazione diffusa agli eventi nel Sahel sia stata di appoggiare le difese locali contro qualsiasi ripercussione possibile. Su un diverso aspetto del tema, mi è stato confermato che, in assenza di un accordo, singoli da tutta la regione sono stati invitati a unirsi a uno o all’altro gruppo nella parte nord del Mali. In Marocco, i media hanno continuati a parlare di contatti tra il Fronte Polisario e tali gruppi, ma i funzionari anziani di Rabat e Nouakchott hanno affermato chiaramente che tali connessioni non esistono. Quinto punto. La mia visita al Sahara Occidentale merita speciale menzione. Come promesso, il Marocco, come potenza amministratrice de facto, ha offerto pieno supporto, e porterò a termine visite aggiuntive a tempo debito. Ho tenuto incontri con un alto numero di Saharawi pro-indipendenza e pro-autonomia, così come di autorità locali. Era indubbia la volontà di parlare con me, dal momento che la lista di coloro che non ho avuto il tempo di incontrare superava di molto la lista di coloro che ho incontrato. Tutti hanno parlato con evidente sincerità, ma non è certo una sorpresa che non sia stato in grado di determinare quale sia il punto di equilibrio delle diverse opinioni. L’unica cosa che posso dire con certezza è che esistono eloquenti portavoce in entrambi gli schieramenti politici. I Saharawi pro-autonomia hanno fatto leva sullo sviluppo di Laayoune e altre località sotto l’amministrazione marocchina, e su altri numerosi vantaggi che vedono in tale amministrazione. I Saharawi pro-indipendenza hanno posto l’accento su ciò che hanno descritto come relazioni tese tra la popolazione Saharawi indigena e i residenti in Marocco, la violazione dei diritti umani che vedono nella repressione della polizia e nelle azioni di fermo, arresto, processo e incarcerazione, lo sfruttamento illegale delle risorse naturali, e la mancanza di occupazione. Le manifestazioni pro-indipendenza e le risposte della polizia in servizio si sono di fatto svolte a poca distanza da me durante e dopo la mia visita. A questo merito, sono stato colpito dal fatto che quasi nessuna delle forze di sicurezza di Laayoune e probabilmente di qualsiasi altro luogo del Sahara Occidentale sia saharawi del territorio, bensì sia invece marocchina, e durante i miei incontri con funzionari marocchini in una seconda visita a Rabat ho colto l’occasione per discutere un cambiamento della situazione e una migliore formazione per quanto riguarda il controllo delle manifestazioni. Sesto punto. Durante la mia visita nei campi rifugiati, ho avuto occasione di incontrare membri delle organizzazioni giovanili, studentesche e femminili del Fronte Polisario. Tutti i presenti hanno messo in rilievo la frustrazione che i leader stessi del Polisario hanno riportato in passato. Alcuni in servizio hanno argomentato che, dopo 25 anni di sforzi vani da parte dell’ONU, è tempo di tornare alla lotta armata. Altri hanno proposto che, dal momento che un possibile accordo è sfumato, l’ONU dovrebbe semplicemente gettare la spugna e ritirarsi. Allo stesso tempo, a Nouakchott, ho incontrato alcune persone che criticavano il Polisario, che avevano lasciato l’organizzazione ed erano ansiosi di espormi le loro lamentele. Settimo punto. Sono rimasto sgomento nel vedere che le parti usavano la mia visita per segnare punti a proprio vantaggio. Le mie dichiarazioni pubbliche venivano troppo spesso allungate o accorciate per soddisfare le esigenze dell’agenda di una o dell’altra parte. A Rabat, la televisione marocchina ha modificato il mio discorso rimuovendo la mia citazione del testo del Consiglio che auspica “una soluzione politica, che prevederà l’autodeterminazione per la popolazione del Sahara Occudentale”. A Tifariti, dove ho fatto visita ad un insediamento della squadra MINURSO sulla parte orientale del confine, il capo militare del Polisario ha inaspettatamente fatto la sua comparsa cercando di farmi passare in rassegna una guardia d’onore. Nei campi rifugiati, le mie parole a un gruppo di donne sono state cambiate per aggiungere un elogio al ruolo delle donne in, cito, “la lotta per la liberazione del Sahara Occidentale”, fine della citazione. Non ho mai pronunciato tale affermazione. Ottavo punto. Dal momento che il Rappresentante Speciale del Segretario Generale Weisbrod-Weber farà rapporto a breve sulle operazioni della MINURSO, mi sento di lodare l’alto grado di professionalità e impegno osservato durante la mia visita al quartier generale della MINURSO, agli insediamenti a Mahbes e Tifariti e durante i miei incontri con la squadra del Servizio anti-mine delle Nazioni Unite. Tanto essi quanto la MINURSO necessitano di maggiori risorse se dovranno portare a termine in maniera più completa i propri compiti. La MINURSO pattuglia un’area maggiore del Regno Unito, mentre il Servizio Anti-Mine lavora su quella che recentemente è stata definita una delle regioni con il maggior numero di mine al mondo. A tale riguardo, vorrei sottolineare il rispetto di cui il Rappresentante Speciale del Segretario Generale gode presso la MINURSO e i propri contatti marocchini e saharawi. Il suo non è un compito semplice. Oltre a supervisionare la MINURSO, è anche il Rappresentante Speciale del Segretario Generale per il Sahara Occidentale. Come tale, ci si aspetta che fornisca al Segretario Generale e al Consiglio informazioni obiettive sull’ambiente di lavoro della MINURSO nel Sahara Occidentale. Tale territorio ha statuto di territorio non autogovernato nel benessere delle cui popolazioni le Nazioni Unite devono, ai sensi dell’Articolo 73 dello Statuto, mostrare un interesse, e riconoscere che il Marocco amministra de facto il potere a ovest del confine e che il Polisario svolge un ruolo simile a est di esso. Proprio con ragione del ruolo del Rappresentante Speciale del Segretario Generale in merito, l’ho invitato a prendere parte a tutti i miei incontri nel Sahara Occidentale. Nono punto. In merito al programma di assistenza umanitaria dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, mi sono state fatte presenti preoccupazioni riguardo al fatto che i contributi governativi e privati per l’aiuto ai rifugiati siano calati significativamente a causa della vigente crisi economica, e mi è stato sottolineato che si registra un estremo bisogno di contributi aggiuntivi. Per quanto riguarda la registrazione individuale dei rifugiati, questione nuovamente sollevata a Rabat, funzionari del Polisario e algerini hanno indicato che l’Alto Commissariato per i Rifugiati è soddisfatto delle stime da loro fornite sui rifugiati e che coloro che si battono per la registrazione individuale sono mossi da considerazioni politiche. Durante l’incontro dei donatori ad Algeri, non ho riscontrato nessuna volontà di ulteriori discussioni sul tema. Decimo punto. A proposito delle misure di costruzione della fiducia, ho ricevuto lodi da tutte le parti coinvolte per il superbo lavoro dell’Alto Commissariato per i Rifugiati nell’espansione di visite in famiglia e l’organizzazione di seminari inter-saharawi, il secondo dei quali, sul ruolo delle donne nella società saharawi, si è tenuto nelle Azzorre a luglio con il generoso aiuto del governo portoghese. Immediatamente dopo, è stata celebrata una sessione sulle misure di costruzione della fiducia a Ginevra, durante la quale le parti, gli stati vicini e l’Alto Commissariato per i Rifugiati hanno riveduto le loro azioni in un’atmosfera distesa e cordiale. L’unico consiglio che mi sento di dare, quando mi viene richiesto, è semplicemente di pensare in modo creativo a come espandere le misure di costruzione della fiducia, in particolare attraverso più seminari, più visite in famiglia in occasioni particolari, e più scambi giovanili. Saharawi di tutti gli schieramenti politici, sia nel Sahara Occidentale che nei campi, mi hanno ripetuto più e più volte che sono ansiosi di avere più contatti da una parte all’altra del confine, e devono essere trovati nuovi modi per incoraggiare tale tendenza, dal momento che nel tempo ha il potenziale di cambiare le percezioni anche in assenza di sviluppi nel processo di negoziato. Un ostacolo è la mancanza di fondi, e ancora una volta vorrei fare appello ai donatori storici e potenziali affinché contribuiscano con l’Alto Commissariato per i Rifugiati per rendere più possibili tali attività. Undicesimo punto. Nell’ambito dei diritti umani, ogni parte ha fatto uso della mia visita per esprimere lamentele a riguardo delle prassi dell’altra. Si sono tenuti molti incontri in merito ai diritti umani nell’ultimo anno, inclusi due relatori speciali, che hanno visitato il Sahara Occidentale ma non i campi rifugiati, e almeno una organizzazione non governativa. Inoltre, il ramo di Laayoune del Consiglio Nazionale del Marocco per i Diritti Umani mi ha riportato di aver ricevuto numerose lamentele e portato avanti numerose indagini, ma è ancora in attesa di risposte dalle autorità reggenti. I diritti umani non rientrano nel mio mandato, ma il mio consiglio in merito, quando richiesto, è stato di affermare che è compito del Consiglio e dell’Alto Commissario per i Diritti Umani decidere se le informazioni sviluppate meritano attenzione e, in tal caso, come procedere al meglio, tenendo a mente che qualsiasi approccio al tema deve osservare la situazione dei diritti umani non soltanto in Sahara Occidentale bensì anche nei campi rifugiati. Per concludere, vorrei spendere una parola sul mio mandato informale di promuovere relazioni più normali tra l’Algeria e il Marocco. A Rabat, il re Mohammed VI mi ha concesso l’autorizzazione di farmi latore di un messaggio per il Presidente Bouteflika, che a sua volta mi ha autorizzato a divenire suo messaggero in risposta. Entrambi i messaggi hanno confermato il desiderio dei due capi di stato di portare avanti il processo di miglioramento delle relazioni attraverso l’ampliamento delle visite ministeriali bilaterali che erano state concordate in precedenza. Ognuno di essi ha segnalato delle questioni prioritarie che dovrebbero essere trattate appena possibile, e io seguirò l’intero processo in modo da sostenere l’impegno su tali temi. In merito all’Unione del Maghreb Arabo e la richiesta della Tunisia per un summit da tenersi il prima possibile, ho analizzato i progressi nell’ambito dell’integrazione regionale con il Segretario Generale dell’Unione del Maghreb Arabo, Ben Yahia, e con i tre stati membri che ho visitato. Tutti convengono in linea di principio che il summit dovrebbe essere celebrato, ma l’Algeria ha ammonito che, per garantirne il successo, dovrebbe essere preparato attentamente attraverso una serie di incontri settoriali che sono in corso ma ancora non terminati. Nella visione algerina, la celebrazione del summit senza l’adeguata preparazione condurrebbe senza dubbi a una sconfitta annunciata. Dunque, queste sono le mie principali considerazioni e impressioni al ritorno dal mio ultimo viaggio nella regione e la mia prima visita al Sahara Occidentale. Guardo al futuro periodo di consultazioni con attori internazionali chiave, di diplomazia privata con le parti e gli stati vicini, e di ulteriori visite alla regione, compreso il Sahara Occidentale, in vista di una ripresa degli incontri vis-a-vis tra le parti. Come già da me affermato a Madrid, il conflitto per lo status ultimo del Sahara Occidentale si è spinto troppo avanti per troppo tempo. Nonostante alcuni possano credere che lo status quo sia stabile e che sia rischioso intraprendere azioni per la pace, a mio parere questo è un grave errore di giudizio ora che la regione è minacciata da estremisti, terroristi e criminali che operano nel Sahel. Sotto queste nuove circostanze, il conflitto potrebbe, se lasciato inasprire, riaccendere una rinnovata violenza o ostilità che si rivelerebbero tragiche per le popolazioni della regione. Il conflitto deve essere risolto, e io faccio appello ai membri del Consiglio e alla più ampia comunità internazionale perché guidino le parti verso negoziati reali per portare a termine tutto questo. Grazie.

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